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IL PRESEPE

14-12-2023 13:00 - News Generiche
Una volta il presepe (foto) si faceva verso il 20 dicembre e l'attesa era dolcissima.0
Il presepe che ricordo con grande nostalgia è quello dei primi anni Sessanta. Abitavamo, allora, da zia Ilia.
Babbo lo faceva da solo, e dopo cena e dopo Carosello, noi andavamo a letto e cominciava i lavori.
Disponeva nella grande sala, almeno due scatoloni, in un angolo a ridosso di una parete. Al muro metteva la carta blu con le stelle, ed era il cielo, mentre, intorno alle scatole metteva la carta marrone e verde.
Poi era il momento delle luci, quelle gialle per le case e il pollaio, quella rossa per il fuoco, quelle verdi nascoste fra la borraccina e quella blu per il pozzo. Le sistemava con cura e fissava il filo con il nastro e, tutto si accendeva.
La borraccina, raccolta in bosco da giorni e lasciata ad asciugare, era pronta per coprire fili e scatole.
La capanna, di solito, la metteva nell'angolo, appoggiata su un pezzo di legno, dominava la scena e, con la stella cometa piena di luci, illuminava tutto. Le casine, i pastori di gesso, le pecore e gli agnellini, perfino le galline, i pulcini e il gallo, veri e propri capolavori.
Il ruscello con la carta stagnola, il laghetto con piccolo specchio e le strade, dapprima tracciate con la farina e, poi, con il ghiaino, preso dal marmista, poco lontano da noi.
Era un lavoro minuzioso, un rito, svolto in silenzio, un susseguirsi di gesti, interrotto dal fruscio della carta e lo spostamento di questo o quel personaggio, mentre le sue mani polverose e sporche di borraccina mettevano le pecore dietro al pastore, vicino alla capanna, le palme, gli angeli e la Sacra Famiglia, seguite, infine, da una processione di statuine, immobili eppur piene di vita.
Ogni anno una nuova, le comprava da Nazzino.
Nel buio della sera, il chiarore del presepe era uno spettacolo, dalla porta a vetri, lo vedevamo anche dall'ingresso e ci faceva compagnia.
Lo guardavamo senza toccare niente, troppo fragili erano quei piccoli pezzi di gesso, si muovevano soltanto i Re Magi, ogni giorno un piccolo passo, fino ad arrivare al 6 gennaio, festa dell'Epifania, li facevamo arrivare alla capanna con i cammelli e i doni.
La sera dopo, babbo, avrebbe messo tutto a posto, restava il vuoto, l'odore acre della borraccina ormai secca e un lieve spolverio di farina.

Patrizia Bianconi

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