FINIVA LA SCUOLA E...
13-06-2023 06:15 - News Generiche
Con cura si riponevano penne, pennini e inchiostro, ben chiuso perché non seccasse, si lucidava la cartella e le vacanze estive iniziavano.
Non ricordo ci fossero i libri delle vacanze, e non ricordo particolari lezioni da svolgere, fino al primo di ottobre non se ne sarebbe parlato più. Insomma, tempo libero a trecentosessanta gradi.
C'era, infatti, a pochi metri da dove abitavamo, un viottolo stretto e polveroso, che ci apriva un mondo meraviglioso, dove trascorrevamo molte ore. Sul lato destro c'era una specie di bosco di querce, lecci, pioppi e noce, sul lato sinistro un campo e poco più avanti una vecchia villa, con un giardino ricco di piante ornamentali e da frutto.
Andando ancora avanti c'erano altre abitazioni, la stalla, la cascina e la cantina, un forno per cuocere il pane e un tabernacolo contornato di rose. Era la fattoria Della Bianca, i proprietari non vi abitavano più da tempo, venivano raramente, lasciando che alcuni responsabili, fra i quali il fattore e il cavallaio, un tempo custode dei cavalli, si occupassero del giardino e degli animali.
Lasciavamo le biciclette ai bordi del campo e in silenzio entravamo nel giardino della villa, ormai disabitata.
Enormi nespoli e ciliegi carichi di frutti, ombreggiavano le panchine di pietra e le finestre polverose. Iniziava così la nostra scorpacciata.
Si raccoglievano i frutti e in fretta riempivamo le tasche dei vestiti, che nella corsa frenetica ballonzolavano qua e là.
Le risate ci facevano perdere l'equilibrio e mancare il fiato. Nel boschetto, ci sedevamo sull'erba e spartivamo il bottino.
Si mangiava senza lavare niente, una veloce strofinata alla maglietta, era tutto quello che riuscivamo a fare, prima di addentare e gustare quei succosi frutti. C'erano, anche, le fragole, più avanti sarebbero venute le pesche, i fichi e perfino le noci.
Ma il divertimento era star lì, all'ombra di quegli alberi maestosi, sdraiate con le braccia dietro la testa a raccontarci le storie, ad ascoltare il fruscio delle foglie e degli animali, a giocare a rimpiattino, ora dietro a un tronco, ora fra l'erba alta.
Immaginavamo i padroni andare a cavallo, o passeggiare godendosi quel fresco generoso.
Il tramonto ci sorprendeva con le mani e la bocca appiccicose, i piedi polverosi i vestiti stropicciati e le gambe rosse di ortica e di sbucci.
Gli occhi lucidi accendevano i colori dell'estate come gemme pure.
Patrizia Bianconi
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