ADDIO A CARLO GOBBI, CANTORE PER 40 ANNI DI VOLLEY E RUGBY PER LA GAZZETTA
21-09-2023 18:15 - News Generiche
Sette Olimpiadi, 6 Mondiali e 15 Europei di volley, 139 test match di rugby e tante altre discipline "minori": "Carlone" è stato per 40 anni una colonna della Rosea. Aveva 82 anni.
di Gian Luca Pasini
Se ne è andato a 82 anni come ha sempre vissuto, a testa alta, dopo avere combattuto l'ultima battaglia con la malattia (un tumore), come ha "lottato" in una quarantina d'anni alla Gazzetta dello Sport, per pubblicare una notizia di una infinità di sport di cui era l'unico depositario. In un giornalismo umanamente e professionalmente molto diverso da quello di oggi lui era in qualche modo un anticipatore. Seguiva decine di sport e per ognuno proponeva almeno una notizia al giorno. Immaginiamo uno sport e un mondo senza internet, senza social, queste discipline "dipendevano" da Carlo Gobbi che ogni mattina, prima della riunione del giornale, immancabilmente proponeva una storia o un risultato. Un Mondiale o un Europeo, un record del mondo o un primato nazionale.
UNA BANDIERA - È stato per anni il baluardo di questi sport, che senza di lui sarebbero caduti nell'oblio. Con due preferenze particolari, la pallavolo e soprattutto il rugby. Oltre a 7 Olimpiadi, 6 Mondiali e 15 Europei di pallavolo e 139 test match di rugby, ha seguito oltre 20 Mondiali ed altrettanti Europei di ginnastica, judo, hockey, ghiaccio, pallamano, pesi, tiro. Era partito da Valona (in Albania) dove il padre faceva il medico in tempo di guerra, ma è stata Modena la sua città di adozione, primo dello sbarco a Milano. Carlo (Carlone, come lo chiamavano tutti nell'ambiente) non era solo una bandiera del giornalismo più vintage, ma anche molto più umano. Che mirava di più a esaltare il campione o la campionessa che ad evidenziarne gli errori. E Carlo seguiva con passione quasi maniacale grandi campioni e i giovani debuttanti, oracolo per discipline che senza di lui non avrebbero mai conosciuto la dignità di una notizia o di un articolo.
di Gian Luca Pasini
Se ne è andato a 82 anni come ha sempre vissuto, a testa alta, dopo avere combattuto l'ultima battaglia con la malattia (un tumore), come ha "lottato" in una quarantina d'anni alla Gazzetta dello Sport, per pubblicare una notizia di una infinità di sport di cui era l'unico depositario. In un giornalismo umanamente e professionalmente molto diverso da quello di oggi lui era in qualche modo un anticipatore. Seguiva decine di sport e per ognuno proponeva almeno una notizia al giorno. Immaginiamo uno sport e un mondo senza internet, senza social, queste discipline "dipendevano" da Carlo Gobbi che ogni mattina, prima della riunione del giornale, immancabilmente proponeva una storia o un risultato. Un Mondiale o un Europeo, un record del mondo o un primato nazionale.
UNA BANDIERA - È stato per anni il baluardo di questi sport, che senza di lui sarebbero caduti nell'oblio. Con due preferenze particolari, la pallavolo e soprattutto il rugby. Oltre a 7 Olimpiadi, 6 Mondiali e 15 Europei di pallavolo e 139 test match di rugby, ha seguito oltre 20 Mondiali ed altrettanti Europei di ginnastica, judo, hockey, ghiaccio, pallamano, pesi, tiro. Era partito da Valona (in Albania) dove il padre faceva il medico in tempo di guerra, ma è stata Modena la sua città di adozione, primo dello sbarco a Milano. Carlo (Carlone, come lo chiamavano tutti nell'ambiente) non era solo una bandiera del giornalismo più vintage, ma anche molto più umano. Che mirava di più a esaltare il campione o la campionessa che ad evidenziarne gli errori. E Carlo seguiva con passione quasi maniacale grandi campioni e i giovani debuttanti, oracolo per discipline che senza di lui non avrebbero mai conosciuto la dignità di una notizia o di un articolo.
L'UMANITA' - Ma alla sua passione giornalistica aggiungeva sempre un tratto umano e generoso. Sempre orientato alla positività e alla certezza di un futuro migliore. Un episodio racconta chi è Carlo: per anni ha seguito le nazionali di volley arrivare lontanissimo dal podio e per anni immancabilmente ad ogni Europeo o a ogni Mondiale lui portava due bottiglie di spumante per festeggiare la vittoria che definiva immancabile. E dopo anni di attesa questa è finalmente arrivata e quelle due bottiglie sono servite a bagnare le Coppe vinte dall'Italia... Figlio di un altro tempo per tutta la vita ha avuto dei punti cardini, come quella di essere stato alpino, e quel corpo militare ha sempre fatto parte di lui e della sua morale. Un altro grande filone della sua vita, come la passione per la palla ovale, forse anche più grande di quella per il volley. E un suo rammarico era proprio quello di non poter celebrare i successi del XV azzurro come avrebbe voluto. Ma questo non ha mai fatto venire meno la sua passione per poter pubblicare una notizia in più. Per proporre una intervista in più.
Fonte: Gian Luca Pasini - La Gazzetta dello Sport
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