A VEGLIA SULL' AIA
08-08-2023 06:39 - News Generiche
Scendevamo le scale correndo, un gradino dietro l'altro e gli ultimi tre saltati, vinceva chi arrivava a quattro e, poi, fuori. L'aia, quell'immensa distesa di cemento grigio, emanava un calore ancora forte e accoglieva i nostri piedi, bruciandoli. Interrompevamo il silenzio del tramonto con le nostre voci e ci prendevamo tutto il posto, prima che arrivassero gli altri. Di lì a poco nonno Natale e zio Cherubino nonostante la stanchezza per la lunga giornata trascorsa nei campi, imboccavano il viottolo verso il “Botteghino”, di via Sant'Andrea dove, con altri amici, si ritrovavano per la consueta partita a briscola.
Magici momenti di pace e di svago a cercar conforto fra timide folate di vento, che leggero si insinuava fra i rami del gelso e del noce. Poco più avanti un grosso pino si allungava maestoso verso l'alto. Di fronte la cascina silenziosa. Sistemate vicino alla porta c'erano le sedie di paglia, lì si sedevano nonna Maria e le zie dopo il riordino della cucina con ancora indosso il grembiule legato sui fianchi. Alla luce del crepuscolo rammendavano i vestiti e con i ferri preparavano calzini per l'inverno, chiacchieravano della giornata appena trascorsa e pensavano all'indomani, distribuendosi i compiti. Qualche confidenza intima sussurrata, mentre noi dopo i giochi, ci sedevamo vicine ad ascoltare. Per stare più comode si prendeva una vecchia coperta e a pancia all'insù fra un discorso e un altro, si contavano le stelle. Intorno il buio assoluto, non c'era illuminazione, solo i fanalini delle biciclette di chi tornava a casa e le lucciole fra i campi, scie luminose di oro brunito.
C'erano, anche, le sere della musica che si gonfiava e si sgonfiava nell'aria soffice notturna e sulle note di “S'è spento il sole “di Adriano Celentano ballavamo scomposte e chiassose. L'aria sapeva di grano mietuto, di fieno, di pomodori messi al sole per la conserva nera.
Nella notte custode dei nostri sogni verso l'indomani per cominciare un nuovo giorno.
Patrizia Bianconi
Magici momenti di pace e di svago a cercar conforto fra timide folate di vento, che leggero si insinuava fra i rami del gelso e del noce. Poco più avanti un grosso pino si allungava maestoso verso l'alto. Di fronte la cascina silenziosa. Sistemate vicino alla porta c'erano le sedie di paglia, lì si sedevano nonna Maria e le zie dopo il riordino della cucina con ancora indosso il grembiule legato sui fianchi. Alla luce del crepuscolo rammendavano i vestiti e con i ferri preparavano calzini per l'inverno, chiacchieravano della giornata appena trascorsa e pensavano all'indomani, distribuendosi i compiti. Qualche confidenza intima sussurrata, mentre noi dopo i giochi, ci sedevamo vicine ad ascoltare. Per stare più comode si prendeva una vecchia coperta e a pancia all'insù fra un discorso e un altro, si contavano le stelle. Intorno il buio assoluto, non c'era illuminazione, solo i fanalini delle biciclette di chi tornava a casa e le lucciole fra i campi, scie luminose di oro brunito.
C'erano, anche, le sere della musica che si gonfiava e si sgonfiava nell'aria soffice notturna e sulle note di “S'è spento il sole “di Adriano Celentano ballavamo scomposte e chiassose. L'aria sapeva di grano mietuto, di fieno, di pomodori messi al sole per la conserva nera.
Nella notte custode dei nostri sogni verso l'indomani per cominciare un nuovo giorno.
Patrizia Bianconi
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