QUEL COSTUME DA CINESE TRASFORMATO IN CAPO INDIANO
27-02-2025 06:30 - News Generiche
Febbraio arrivava scherzoso e un po' burlone in quel Giovedì Grasso della prima metà degli anni Sessanta.
Corso Mazzini si colorava di coriandoli e stelle filanti, le vetrine di Nazzino e della Cicogna esponevano accessori e maschere per abbellire i costumi.
Quel completo da cinese, che non lo aveva per niente convinto, gli venne “spacciato” per un abito da indiano e così lui, che aveva voglia di mascherarsi, uscì, nonostante tutto.
I bambini, quelli di una volta, avevano mille risorse e poi, si accontentavano.
Tuttavia, furono provvidenziali le rifiniture: un lungo copricapo di piume da capo indiano, una lancia ben ornata, l'ascia di guerra, il famoso tomahawk e il pugnale, tutti acquistati, dal babbo – nei mesi precedenti - nel prestigioso negozio Formichini, in via Grande a Livorno.
Una volta uscito di casa, si ritrovò nella mischia e, fra manganellate e rincorse a perdifiato, per sfuggire anche alle guardie comunali (Gronchi e Marabotti), si dimenticò del costume indossato, divertendosi come tutti e forse un po' di più.
Lui, che era sempre stato un convinto simpatizzante degli indiani, il suo Giovedì Grasso lo aveva trascorso come un'allegra festa.
P.B.
Corso Mazzini si colorava di coriandoli e stelle filanti, le vetrine di Nazzino e della Cicogna esponevano accessori e maschere per abbellire i costumi.
C'era chi si vestiva da damina del Settecento, con lungo abito impreziosito dal mantello, con il tocco finale di una parrucca e il neo finto sulla guancia, che faceva tanto effetto.
Al fianco un nobile si faceva distinguere, indossando elegantemente, pantaloni, camicia, giacca e calze.
Coppie perfette, che si mescolavano alle immancabili fate, ai pagliacci, ai cow-boy, ad arlecchini e colombine.
Ma c'era anche chi, invece, il costume se lo doveva inventare e poi arrangiare.
Fu così che venne fuori, da “via del campanile”, un capo indiano, con indosso casacca e pantaloni di seta di colore rosso, con un grande drago dorato, che poco assomigliava a un indiano. Quel completo da cinese, che non lo aveva per niente convinto, gli venne “spacciato” per un abito da indiano e così lui, che aveva voglia di mascherarsi, uscì, nonostante tutto.
I bambini, quelli di una volta, avevano mille risorse e poi, si accontentavano.
Tuttavia, furono provvidenziali le rifiniture: un lungo copricapo di piume da capo indiano, una lancia ben ornata, l'ascia di guerra, il famoso tomahawk e il pugnale, tutti acquistati, dal babbo – nei mesi precedenti - nel prestigioso negozio Formichini, in via Grande a Livorno.
Una volta uscito di casa, si ritrovò nella mischia e, fra manganellate e rincorse a perdifiato, per sfuggire anche alle guardie comunali (Gronchi e Marabotti), si dimenticò del costume indossato, divertendosi come tutti e forse un po' di più.
Lui, che era sempre stato un convinto simpatizzante degli indiani, il suo Giovedì Grasso lo aveva trascorso come un'allegra festa.
P.B.
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