IL CAMINO ACCESO
31-01-2025 06:45 - News Generiche
A gennaio quando il freddo pungente bucava l'aria e avvolgeva la campagna addormentata, il nonno nelle ore centrali provvedeva alla potatura delle viti.
I viticci che cadevano rimanevano lì, fino a che asciugati dal crudo sole, li legava, perché sarebbero serviti per accendere il fuoco nel camino. Questo era piuttosto ampio, occupava quasi una parete della grande cucina.
Rivestito di mattoni rossi e rialzato, aveva ai lati due sedute, anch'esse di mattonelle rosse, dove nei momenti di particolare freddo, si faceva a gara a sedersi. Al centro, alimentato fin dalle prime ore del mattino, un vivace fuoco illuminava, scaldava e cuoceva.
Appeso a un gancio, infatti, in un enorme paiolo borbottavano i fagioli o le rape, inondando l'aria di un buon profumo.
Benedetta, poi, quella polenta, gialla come l'oro, che scaldava gola e mani rosse e infreddolite.
E nei giorni di festa, nel gran tegame rosso, il coniglio cuoceva lento e saporito, sotto lo sguardo attento della nonna e sopra a tizzoni di brace, ardenti e fumanti.
Quei tizzoni, verso le cinque, al calar della luce, venivano messi nei caldani, pronti a stiepidire le lenzuola e le coperte.
Intanto grossi ciocchi ardevano e profumavano l'aria di pino, mentre un allegro chiacchierio stemperava il buio e si confondeva con il crepitio della legna. Poi un girotondo di sedie intorno al ceppo e finalmente il silenzio per ascoltare.
Era il momento delle storie quelle lunghe e quelle corte, un linguaggio dolcissimo senza tempo.
Si alternavano a filastrocche in rima e indovinelli, qualche volta con il sottofondo di pochi versi prestati da chissà quale opera lirica.
Fuori il pallore della luna lasciava intravedere il buio della notte mentre negli alari avvampavano secchi rami.
Si consumava la cena e nel camino gli ultimi guizzi morivano nel giorno che finiva, fra sbadigli e occhi stropicciati, adagio adagio ci si avviava verso il letto.
P.B.
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